Fatto di alluminio, fotovoltaico e vetro, sembra un masso rotolato lì per sbaglio fermatosi in una posizione sbagliata. Invece quel cubo e’ in realtà un rifugio sostenibile progettato da Atelier 8000 ad High Tatras, al confine tra Slovacchia e Polonia, dove si confonde nel paesaggio, tra rocce e montagne. Si articola su cinque piani: in quello interrato si trovano i locali tecnici, il piano nobile è adibito a ristorante mentre i piani superiori ospitano le camere da letto e le aree per il rifugio. La sua particolare conformazione consente di sfruttare al meglio la luce: poggiando su un vertice i lati del cubo sono inclinati permettendo a tutti gli ambienti interni di godere di illuminazione naturale diretta per un maggior numero di ore giornaliere. Il rifugio infatti è pensato come un edificio passivo e le facciate a sud e ad est, perpendicolari alle radiazioni solari incidenti, sfruttano al meglio l’energia solare ed essendo costituite da pannelli fotovoltaici garantiscono l’autoproduzione energetica. Le superfici vetrate di finestre e pannelli insieme alla trasparenza e alla lucentezza del metallo completano il quadro con un tocco di chiarore, proprio come i riflessi osservabili sulla superficie di un lago di montagna o dallo scioglimento dei ghiacciai. Infatti le sensazioni visive possono trarre in inganno, ma entrando gli interni suggeriscono piuttosto la sensazione di trovarsi in un luogo caldo e riparato, la struttura e’ costituita da travi in legno lamellare in larice e gli interni sono interamente rivestiti in legno. Un bellissimo esperimento architettonico che gioca sui contrasti visivi e emozionali, un esterno duro e freddo come il ghiaccio che riporta a chi lo vede sensazioni respingenti, mentre all'interno l'aridità si scioglie e veniamo accolti da un tepore che vuol dire comodità e comfort, che vuol dire casa, anche dentro un cubo che sembra essere in bilico su un mare di ghiaccio.
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